venerdì 31 dicembre 2010

Il capodanno

Illustrazione di Rossana Coro

“Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.

Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.

Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna. E sono diventati cosí invadenti e cosí fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Cosí la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa la film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.

Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore. Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.”

Antonio Gramsci, Gennaio 1916, Avanti!

martedì 9 novembre 2010

Agorà

Cineforum Fisica
giovedì, 11 novembre 2010
proiezione del film:


"Agorà" di Alejandro Amenàbar


ore 17:30 - Aula A

Dipartimento di Fisica - Cittadella Universitaria (Monserrato)



Link utili:

Recensione su IMDb

giovedì 21 ottobre 2010

Videocracy


Cineforum Fisica
mercoledì 27 ottobre 2010
per il genere Documentari sociali
proiezione del film:

"Videocracy" di Erik Gandini

ore 17:30 - Aula A
Dipartimento di Fisica - Cittadella Universitaria (Monserrato)

Link utili:
Recensione su IMDb
Evento su facebook

lunedì 11 ottobre 2010

Migranti: solidarietà ai ribelli del CPA

Il Collettivo Redshift esprime piena solidarietà ai migranti del CPA di Elmas (CA) che si sono ribellati alla loro ingiusta detenzione!

I Centri di Prima Accoglienza rappresentano a nostro avviso delle prigioni per innocenti e chi vi è detenuto ha tutto il nostro appoggio quando ritiene necessario cercare di evaderne o ribellarsi per avere condizioni migliori.

E la nostra solidarietà è ancora maggiore se ci guardiamo allo specchio, perché il Collettivo è composto principalmente da Fisici, soprattutto studenti, che nel futuro, con alta probabilità, saranno costretti a cercare lavoro all'estero perché la nostra nazione di nascita, l'Italia, è (molto) arretrata dal punto di vista culturale rispetto al resto d'Europa.
Quindi, pur senza voler paragonare la nostra situazione a quella dei migranti africani, ne paragoniamo virtualmente il percorso: da una nazione arretrata in cui non si può trovare un lavoro che serva a sopravvivere loro emigrano verso nuovi lidi che promettono (manifestamente) condizioni migliori.

E se noi non verremo incarcerati nell'entrare in un paese straniero per cercare lavoro, questo avviene solo per motivi storici. Perché l'Italia ha fatto parte per secoli di quell'imperialismo che ha reso poveri i paesi da cui i migranti che vengono da noi provengono.